Secondo un recente studio condotto da DigAÍ in collaborazione con un ricercatore brasiliano del MIT, nel 79,4% dei casi l'intelligenza artificiale individua correttamente i candidati più adatti alle posizioni pubblicizzate.
L'indagine ha analizzato le interviste condotte tramite WhatsApp e ha confrontato i punteggi assegnati dall'IA con le decisioni finali dei manager. Il risultato è stato che, in 8 casi su 10, sono stati classificati come "sopra la media" proprio quei candidati che sarebbero stati poi approvati nel processo di selezione.
Questa precisione riflette la capacità dell'IA di valutare segnali comportamentali che spesso passano inosservati ai recruiter umani. Secondo Christian Pedrosa, fondatore e CEO di DigAÍ, l'obiettivo della tecnologia non è "catturare" il candidato, ma piuttosto tradurre le sue reazioni che, analizzate insieme, offrono una lettura più completa e accurata del professionista.
"Questo tipo di analisi aiuta i team delle risorse umane a identificare i professionisti con maggiore adattabilità, coerenza e predisposizione alla collaborazione: qualità fondamentali, anche se difficili da cogliere nei processi convenzionali", afferma.
Come funziona il reclutamento basato sull'intelligenza artificiale?
La metodologia combina intelligenza emotiva computazionale, analisi del linguaggio e modelli statistici che identificano modelli comportamentali. Nell'audio, ad esempio, vengono osservati segnali vocali quasi impercettibili, che vengono poi incrociati con database addestrati per riconoscere le caratteristiche associate alle prestazioni professionali.
In pratica, questo insieme di analisi consente a DigAÍ di valutare l'allineamento culturale, la chiarezza e la coerenza delle risposte, anche in situazioni in cui vi è un contrasto tra il contenuto espresso e il modo in cui viene espresso. Risposte eccessivamente studiate, toni rigidi e atteggiamenti artificiali, da sempre notati dai reclutatori esperti, stanno ora diventando ancora più evidenti ai sistemi di intelligenza artificiale.
D'altro canto, nelle aziende la tecnologia rappresenta l'opportunità di ridurre i pregiudizi, migliorare il processo decisionale e comprendere i candidati in modo più accurato, andando oltre la cosiddetta "sensazione istintiva" durante il colloquio.
"La tecnologia amplia ciò che possiamo vedere. Quando incrociamo ciò che viene detto con i modelli comportamentali, possiamo comprendere la qualità del ragionamento, al di là della risposta, e come il candidato sostiene ciò che afferma. È un'evoluzione che porta trasparenza e decisioni più eque", conclude Pedrosa.

